Undici solitudini
Dopo la pubblicazione di Revolutionary Road, il primo romanzo di Richard Yates, il critico americano Alfred Kazin scrisse: «Questo romanzo riassume la nostra epoca con più spietatezza di ogni altro, ma anche con più pietà». Le undici storie qui raccolte presentano un altro momento della stessa ricerca e contengono forse quanto di più definitivo Yates abbia mai scritto: in ogni racconto non si potrebbe dire di più con meno parole, perché si intuisce sempre che è accaduto molto più di quanto è detto. La lezione di Hemingway – l'essenzialità della scrittura – è qui portata alle sue estreme conseguenze grazie alla capacità di far scaturire il significato di un’esistenza da un semplice fatto illuminante. I personaggi di Yates (impiegati mitomani, ragazzi disadattati, reduci senza gloria, coppie sprofondate nel mutismo postmatrimoniale) possono sembrare tratti da un libro di sociologia; ma un dialogo esatto, un ritmo infallibile, l'attenzione discreta ai particolari li rendono assolutamente unici, inconfondibili e perciò stesso universali.
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Le recensioni della stampa
Michele Nenna - Casa di Ringhiera
Nelle sue vesti di abile riproduttore di una realtà dura da sopportare, ha descritto in questi undici racconti la vita di personaggi che un po gli assomigliano anzi, diciamo un bel po.Leggi
Chiara Ruggiero - Libriofila
Ogni volta che Yates si accingeva a scrivere era ben convinto del fatto che nessuna storia nasce con lambizione di raggiungere il lieto fine.Leggi