dietro le quinte

Scrivanie, dove nascono i libri: Orso Tosco

Dove scrivono, quando scrivono le nostre autrici e i nostri autori? In questa puntata lo chiediamo a Orso Tosco, in libreria con Dall'inferno scritto con Cosimo Argentina. 


Mi sarebbe piaciuto essere uno scrittore notturno. E invece no. Scrivo soltanto di giorno, peggio, la mattina. Per parecchi anni ho lavorato come guardiano in un grande museo di Londra, e allora mi capitava di scrivere su taccuini e quaderni. Se posso, però, evito di scrivere a mano, perché ho una calligrafia orribile, talmente orribile che persino io faccio fatica a decifrarla: il mio corsivo assomiglia alla traccia di un sismografo ingolfato, e lo stampatello farebbe la sua porca figura in un libro di criminologia spiaccia, nel capitolo dedicato agli infanti assassini. Più di una volta mi sono detto che se per qualche misteriosa ragione i miei vecchi taccuini londinesi venissero sepolti e poi rinvenuti dopo secoli, gli studiosi quasi sicuramente scambierebbero il loro contenuto per insensate litanie maligne, o per maledizioni lanciate sul letto di morte da cravattari malridotti.


Oramai scrivo quasi soltanto al computer. Già che sono dislessico, ho avuto la brillante idea di comprarmi un portatile con la tastiera francese e poi di decidere nei setting di utilizzarla come fosse una tastiera italiana, quindi per scrivere A devo premere la Q, e via discorrendo. Questa decisione riempie di gioia editor e correttori di bozza dando vita a una pioggia di refusi costante, un po’ come ricreare il meteo del nord della Scozia con i refusi al posto dei temporali.


Normalmente scrivo sopra un tavolino piccolo coperto da una tovaglia di cotone. Il portatile è circondato da libri, alcuni sono libri che ho letto, e mi servono per ripetermi che alcune cose delle cose che scrivo sono furti, magari involontari ma comunque furti, altri libri, invece, non li ho mai letti, e stanno lì, impalati come civette, a farmi coraggio, ricordandomi che là fuori c’è un mondo di banche mal sorvegliate da depredare.


Dalla mia finestra si vede il mare, in lontananza, e un pezzo di costa che procede verso la Francia. Al centro della finestra spicca un lampione, che sul finire del giorno somiglia a un vecchio maratoneta impagliato.


Scrivendo ascolto musica. Se ho fortuna trovo la canzone giusta e allora la metto in ripetizione. Credo che sia un modo per sintonizzarmi su di un unico suono e quindi dimenticarlo, e dimenticandolo far piazza pulita anche di tutti gli altri suoni, e con più facilità. Allo stesso modo fumo la mia ridicola sigaretta elettronica, che fa un rumore di moka sul punto di sputar fuori il caffè, perché è un gesto che tiene occupato il corpo. Fumare  e pigiare tasti è già una combinazione, e vale, come attività, come qualsiasi altro sport, come qualsiasi altro gioco d’azzardo o attività artigianale.  



 






 








Nelle puntate precedenti: 

La scrivania di Cosimo Argentina

La scrivania di Veronica Galletta

La scrivania di Pietro Scaramuzzo

La scrivania di Marco Rovelli
La scrivania di Graziano Gala

La scrivania di Corrado De Rosa
La scrivania di Antonio Iovane
La scrivania di Francesco "Kento" Carlo
La scrivania di Sandro Di Domenico
La
 scrivania di Gabriele Sabatini
La scrivania di Marta Zura-Puntaroni
La scrivania di Gianluca Didino 
La scrivania di Vanni Santoni
La scrivania di Carola Susani

La scrivania di Danilo Soscia

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