dietro le quinte

Scrivanie, dove nascono i libri: Gianluca Didino

Dove scrivono, quando scrivono le nostre autrici e i nostri autori? In questa puntata lo chiediamo a Gianluca Didino, in libreria con Essere senza casa. Sulla condizione di vivere in tempi strani.


C’è un punto di On writing, il suo memoir sulla scrittura, in cui Stephen King racconta questa storia: nel 1981, ormai ricco e famoso, comprò un’enorme scrivania per esorcizzare tutti gli anni passati a scrivere in condizioni precarie tra roulotte e case in affitto e la mise al centro del suo nuovo, grande studio.

Risultato? Scoprì di trovarsi a disagio, «il capitano di una nave diretta da nessuna parte». Gli ci vollero sei anni, ma alla fine mise la scrivania nel ripostiglio, ne comprò una più piccola e la posizionò in un angolo della stanza, perché «la vita non è un sistema di supporto per l’arte ma il contrario».

Da anni sogno una scrivania simile. Immagino che, non appena avrò una casa sufficientemente grande, potrò trasformare una stanza nel mio studio e in questo studio avrò una grossa scrivania posizionata davanti a una finestra. Mentre mi abbandono a questa fantasia so che con ogni probabilità questo sogno rimarrà tale ancora per anni, se non per sempre.

La verità è che una scrivania vera e propria non ce l’ho mai avuta, almeno non nella mia vita adulta. Ho scritto sui tavoli della cucina, sul letto, su divani, su davanzali della finestra, sul balcone, in giardino, a terra, al bar, in biblioteca, in metropolitana, in macchina, in coda al supermercato sul cellulare e, spesso, sul computer del lavoro tra una mail e l’altra o nella pausa pranzo.



Oggi la cosa più simile a una scrivania che possieda è il tavolo del salotto. È un bel tavolo, con il piano di cristallo, sono andato a prenderlo apposta in un paese del Kent con un furgoncino affittato, ma deve far posto anche ad oggetti che con la scrittura non hanno niente a che vedere e la sera devo togliere i libri che ci ho accumulato sopra per metterci la tovaglia, se cenando voglio guardare la televisione.

Spesso mi chiedo se la scrivania sia ancora un attributo dello scrittore com’era un tempo. Se ora che viviamo in spazi sempre più precari, che siamo sempre in movimento da un luogo all’altro, che non abbiamo bisogno di ingombranti macchine da scrivere e che di scrittori abbastanza abbienti da potersi permettere un vero studio ce ne sono in giro sempre di meno la scrivania non sia un mito del passato, un sogno addirittura reazionario.

In fondo di cos’ha veramente bisogno uno scrittore se non di un computer portatile e di un accesso a internet, che è la versione contemporanea di “un taccuino, una penna e la propria ispirazione”?

Eppure non posso togliermi dalla testa l’idea che le condizioni in cui lavora uno scrittore influiscano sulla sua scrittura. Penso a Raymond Carver, che disse di scrivere racconti non perché li preferisse ai romanzi ma perché aveva bisogno di qualcosa che si potesse scrivere in una sola seduta tra la fine di un turno di lavoro e il momento in cui uno dei bambini cominciava a piangere. Se Carver avesse avuto una vera scrivania forse avrebbe scritto il romanzo che tutti gli chiedevano di scrivere ma non ci avrebbe regalato alcuni dei suoi racconti più belli. Ci avremmo perso o guadagnato?

La letteratura che si scrive sulle scrivanie, queste «navi dirette da nessuna parte» su cui gli scrittori navigano il mare della propria immaginazione, è sempre più una rarità. Non è detto che sia un male: come nell’aneddoto raccontato da King, una scrivania può imbrigliare la creatività tanto quanto può facilitarla fornendo un riparo dal moto delle onde.

In fondo penso che la vera scrivania dello scrittore sia nello spazio che riesce a fare dentro di sé per la scrittura, che, per quel che mi riguarda, è uno spazio di silenzio, quello in cui se stai abbastanza immobile puoi sentire le voci dei fantasmi che ti sussurrano nelle orecchie. A volte per riuscirci hai bisogno di essere nel mezzo della folla di una città caotica, altre è impossibile farlo senza una stanza tutta per sé.

Nella mia esperienza ogni volta cambia. Non ho ancora trovato una regola, sempre che questa regola esista. Quindi, almeno per ora, meglio non portarmi dietro scrivanie troppo ingombranti.


Nelle puntate precedenti:



(Foto di copertina: Luca Laurence - Unsplash)

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