consigli di lettura

Casa d'altri: Vanni Santoni racconta L'urlo e il furore di William Faulkner

Casa d'altri è la rubrica in cui librai e scrittori raccontano un libro.

Prende il nome da una straordinaria raccolta di racconti di Silvio D'Arzo, e ci sembrava il più adatto visto che ci piace parlare di libri, non solo dei nostri.

Vanni Santoni, in libreria con La scrittura non si insegna, ci racconta L'urlo e il furore di William Faulkner.


di Vanni Santoni
 

Faccio sempre fatica quando mi si chiede di parlare di un libro, di sceglierne uno. Visto che siamo sul sito di minimum fax, e che ho appena pubblicato per minimum fax un pamphlet che, anzitutto, parla di altri libri, proverò a sceglierne uno che cito là dentro, e che non manco mai di assegnare agli studenti dei miei corsi.

È L’urlo e il furore di William Faulkner, lo pubblica in Italia Einaudi nei suoi tascabili, nella traduzione di Vincenzo Mantovani.

Faulkner lo si è letto sempre poco da noi, davvero troppo poco, e in genere il suo nome – quando viene inteso: non di rado quando dico “L’urlo e il furore”, qualcuno mi risponde “Furore?” riferendosi al non meno bello, ma certo meno utile per la didattica, capolavoro del suo conterraneo e coevo Steinbeck – è associato a un dato per me secondario del suo lavoro, l’ambientazione. Quel southern gothic che Faulkner ha portato a perfezione ma che è fatto secondario rispetto alle innovazioni strutturali recate dai suoi romanzi migliori.

Faulkner è infatti il maestro supremo del modernismo corale, e chiunque oggi utilizzi dispositivi quali il “personaggio punto di vista” – oggi tanto comune da trovarsi anche nella buona narrativa popolare: si pensi all’uso che ne fa Martin nel Trono di spade – sta, che lo sappia o no, utilizzando tecniche messe a punto da Faulkner. E non è solo quello: Faulkner è anche il maestro dell’ellissi, con romanzi in cui ciò che non si vede, che non è narrato, è a volte più importante di ciò che sta sulla pagina – e arriva al lettore tramite abilissimi giochi d’ombra, di negativo e di contorno.

Anche Juan Rulfo, autore di quello che è forse il grande romanzo più ellittico mai scritto, quel Pedro Páramo da cui prese a ogni effetto le mosse la letteratura latinoamericana – o meglio, la prima letteratura latinoamericana che fosse solo latinoamericana – si era ispirato al lavoro del collega di New Albany.

Certo, L’urlo e il furore è un libro di difficile approccio, con quelle prime trenta-quaranta pagine dove non si capisce chi parli e di cosa, e può perplimere, o respingere, chi non abbia confidenza con l’autore, o col modernismo. Per questo gli affianco sempre, nei miei consigli, anche Mentre morivo, edito in Italia per Adelphi, a cura di Mario Materassi: stesse tecniche (e stessa qualità stellare), ma un po’ più digeribile per lo stomaco del neofita, perfetto per cominciare prima di passare all’altro… Ecco, lo sapevo, pure questa volta non ce l’ho fatta a consigliarne uno solo: perdonatemi – ma leggeteli entrambi.


(Foto: Tom Hermans - Unsplash)

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