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Casa d'altri: Corrado De Rosa racconta L'alienista

Casa d'altri è la rubrica in cui librerie, scrittrici e scrittori raccontano un libro.

Prende il nome da una straordinaria raccolta di racconti di Silvio D'Arzo, e ci sembrava il più adatto visto che ci piace parlare di libri, non solo dei nostri.
L'ospite di questa puntata è Corrado De Rosa, in libreria con Italian Psycho.

Simão Bacamarte, il più grande medico di Brasile, Spagna e Portogallo, dedica la vita ai matti e ha l’ambizione più grande per un alienista: la salvezza dell’anima. Nella Casa Verde, il manicomio di Itaguaì, a 60 km da Rio de Janeiro, studia la follia, la classifica, la diagnostica. 

Ricovera furiosi, calmi, monomaniaci, poveri di spirito e, in quattro mesi, la Casa Verde diventa un villaggio gigantesco: c’è chi crede di essere la stella del mattino, chi racconta a un muro la sua genealogia.

Bacamarte ricovera così tanta gente, che a Itaguaì non si capisce più chi è sano e chi è malato. 

Quando scoppia una rivolta, i ribelli sono trattenuti in manicomio e Bacamarte convince il Viceré di essere nel giusto. Continua a ricoverare: avari, pigri, appassionati di enigmi, maldicenti. Ricovera perfino donna Evarista, sua moglie.

Di dubbio in dubbio, liberazioni e internamenti, Bacamarte resta l’ultimo dei sani di Itaguaì. Allora si ritira nella Casa Verde per dedicarsi alla cura di sé stesso e, diciassette mesi dopo, muore senza aver ottenuto nulla. 

L’alienista è un romanzo breve di Joachim Machado de Assis del 1881. La mia è un’edizione del 2002 pubblicata da Lindau con traduzione, dal portoghese, di Giuliana Segre Giorgi. Scelgo L’alienista perché è la grande metafora di Italian Psycho.

Siamo alla fine dell’Ottocento. La scienza è pervasa dal positivismo di Auguste Comte, dall'evoluzionismo di Darwin, dalla psicologia di Wilhelm Wundt, dal determinismo di Hippolyte Taine. Sono anni di fiducia cieca nell’idea che tutto si può spiegare. 

In realtà, la normalità è magmatica. Normale vuol dire standard, regolare. Ma la normalità è un’illusione ottica. I filosofi ne vivisezionano il significato, gli psicanalisti la criticano, i clinici provano a circoscriverla. 

Dov’è la linea di confine fra anomalia e anormalità? 

L’alienista è la rilettura, ironica e surreale, della pretesa di trovare questo confine. Attraverso il racconto di un mondo di lunatici e bizzarri, il romanzo sconfina nel campo della filosofia, della politica, della scienza e diventa una critica alla presunzione di comprendere ogni comportamento umano, al tentativo del potere politico di venire a patti con la psichiatria perché, a Itaguaì, la follia diventa strumento di controllo per chi non si uniforma alle regole sociali. L’alienista, quindi, è una lettura attualissima che mette in discussione qualsiasi conoscenza insormontabile e dogmatica.

I dubbi di Bacamarte sono ancora oggi al centro del dibattito scientifico, così come le sue irraggiungibili pretese. Le ricadute di queste pretese sono enormi, incidono su chi va considerato sano e chi malato, su quali terapie utilizzare, su chi può guidare un’automobile o chi può tenere un’arma in casa. Ma se i progressi della Scienza hanno migliorato la prevenzione e l’assistenza a nuove forme di disagio, incasellare ogni comportamento rischia di rendere malattia la normalità, di costruire disturbi mentali artificiali, di estendere in modo indiscriminato trattamenti su condizioni esistenziali che malattie non sono, in nome del principio per cui se tutto è malattia, tutto va curato. 

C’è una storia che descrive i paradossi dell’ossessione del dottor Bacamarte. Anche questa è una storia brasiliana, solo che è una storia vera.

Siamo nel 1958. Il professor João Carvalhaes ha imparato che ogni cosa si misura, che la forza-lavoro va scelta con criterio. Nel suo laboratorio ci sono macchine che analizzano capacità e carattere, velocità e attenzione, senso dello spazio, tempi di reazione, aspetti della personalità. Il suo pallino, però, è la metratura del quoziente intellettivo.

João Havelange, il presidente della Confederazione Brasiliana, gli ha chiesto di selezionare i calciatori più idonei a far parte della Selecão per il mondiale di calcio in Svezia. 

Ci sono due ragazzi che, secondo il professore, devono restare a casa. 

Uno è troppo infantile, non è idoneo ad assumersi le responsabilità che servono per giocare in una squadra. 

L’altro discende da una tribù di indios, a tre anni cura la poliomielite pedalando su un triciclo rotto, a dieci fuma sigari di paglia e beve la chaçacha. L’unica cosa che sa fare è correre a piedi scalzi. Storti, pure quelli. Quando il professore gli chiede di disegnare una figura umana, lui traccia quattro linee sul foglio, fa un cerchio enorme al posto della testa e sorride: ha disegnato il suo compagno Quanrentinha. Non è in grado di svolgere più attività contemporaneamente, ha un quoziente intellettivo di 38 su 123: corrisponde all’intelligenza di un bambino di 4 anni. 

Il professor Carvalhaes insiste: è sconsigliabile portarli in Svezia, ma entrambi partono lo stesso. 

Sono Pelé e Garrincha.

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