l'estratto

Buon compleanno, Clint!

Il 31 maggio 2020 è una data importante per Clint Eastwood: oggi festeggia 90 anni. Vogliamo festeggiarlo raccontandovi un frammento della sua lunga e fortunata carriera: il rapporto con Sergio Leone e la costruzione di un personaggio indimenticabile. Lo facciamo con due estratti: da Il cinema è mito. Vita e film di Sergio Leone di Marcello Garofalo e Fedele a me stesso. Interviste 1971-2011, il libro che ricostruisce tutte le tappe del Clint Eastwood regista.



Da Il cinema è mito. Vita e film di Sergio Leone di Marcello Garofalo: 

L’energia di Sergio è indomabile: sul set ama mostrare la parte ai suoi attori e la recita per loro, dicendo loro comunque di non imitarlo.

Eastwood testimonia: «Mi mostrava esattamente come dovevo accendere il sigaro o fare qualsiasi altra cosa e mi faceva ridere perché vedevo quest’uomo con questi occhialini e il cappellone da cowboy che cercava di imitarmi. Sembrava Yosemite Sam! [...] Ma stava iniettando nel film un “black humor” completamente nuovo rispetto al genere. Sergio aveva un grande senso dell’inquadratura e dell’humor. Era estremamente audace, non avendo mai paura di cercare qualcosa di nuovo».

Il contrasto rispetto a ciò che fino ad allora Eastwood aveva visto e fatto nei western doveva essere evidente, ma era altrettanto evidente che nessun sottotesto simbolico informava le azioni del regista: tutto ciò che in seguito lo stesso Leone e coloro che si sono occupati del suo cinema hanno detto e scritto, su quel set, come anche Franco Giraldi avrà modo di testimoniare, non era mai stato preso in considerazione, così come l’idea di sovvertire alcune regole della tradizione hollywoodiana.

«Tacite regole, secondo le quali non potevi mai inquadrare contemporaneamente una persona che sparava e un’altra che veniva colpita. È una regola del codice Hays di molti anni fa, un accordo di censura. Dovevi tagliare sul tizio che sparava o su quello che veniva colpito. Andava bene lo stesso, tanto il pubblico non sta lì a contare i tagli. Ma non potevi mai farlo nella stessa inquadratura. Noi lo facemmo perché Sergio non ne sapeva niente di queste faccende e di conseguenza non lo infastidivano e neppure tormentavano me che le sapevo ma non me ne importava. L’obiettivo di fare un film con un regista europeo era quello di dargli nuove sfumature», dice Eastwood.

Le discussioni riguardano essenzialmente gli snodi di sceneggiatura e soprattutto le parti di questa che possono essere omesse o sintetizzate tramite allusioni più accattivanti. Viene scritto, d’intesa con Eastwood, un prologo in cui la madre di Joe viene uccisa per essersi trovata in una situazione similare a quella in cui si troverà Marisol come ostaggio, ma questa scena non sarà mai realizzata, convenendo regista e attore che è sufficiente lasciar trapelare solo qualcosa del passato di Joe e lasciare al pubblico la libertà di chiudere il puzzle con il tassello della propria immaginazione. Eastwood pone fine alle titubanze di Leone con una frase ormai diventata famosa: «Ok, Sergio, ascolta. In un film di serie b si dice ogni cosa a ogni spettatore. In un vero film di serie a si lascia che il pubblico pensi!».





Da Fedele a me stesso. Interviste 1971-2011, a cura di Robert E. Kapsis e Kathie Coblentz, traduzione di Alice Casarini: 

Meno si rivela, sostiene Eastwood, più il pubblico partecipa. La tecnica è nata con la sua creazione dell’«Uomo senza nome» nel film di Sergio Leone Per un pugno di dollari, la pellicola che ha portato all’attore una fama internazionale.

«Inizialmente conteneva pagine su pagine di dialoghi», spiega Eastwood, «tutti mirati a spiegare la storia personale dei personaggi. Ma io volevo interpretarlo con dialoghi molto più stringati e costruire il mood con il comportamento e i movimenti. Così ho detto a Sergio: “Manteniamo i personaggi nel mistero e facciamo solo qualche allusione a quello che è successo in passato”. Sergio ha contestato la mia idea, anche se in parte concordava, ma era molto più difficile da accettare per la mentalità italiana. Gli italiani sono abituati a spiegare molto di più e io gli stavo dicendo di non farlo. Alla fine ha accettato, ma poi i produttori hanno pensato che ci fosse qualcosa che proprio non andava. Hanno detto: “Cristo, questo tizio non fa niente. Non dice niente. Non ha neanche un nome! E il sigaro sta solo lì a bruciare”. Non capivano cosa diavolo stesse succedendo. Ma quando hanno visto il film montato, si sono resi conto di com’era, dell’effetto che avrebbe avuto sul pubblico. Ben presto il tizio “senza nome” è stato imitato da un sacco di gente».

E l’alone di mistero si trasmette alla struttura narrativa, perché, così come vengono eliminate tutte le spiegazioni tranne le più pertinenti, lo stesso succede al destino dei personaggi di Eastwood. L’azione finisce, gli elementi drammatici si risolvono, ma resta il senso del protagonista con un futuro ancora da definire. «Mi piace lasciarli così» spiega Eastwood, «ancora alla ricerca della loro strada. Non si finisce con la morte di una persona e non si racconta la storia di una vita intera. Forse non farlo è nella natura dei film. In un romanzo di Francis Scott Fitzgerald si può coprire un’intera vita, magari cominciando con un flashback, poi tornando al presente e proseguendo da lì. Ma questi film in realtà sono solo episodi. Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! è solo un episodio nella vita di un uomo. Il texano dagli occhi di ghiaccio è più una saga, copre un periodo più ampio, ma si ha l’impressione che lui torni dal gruppo di persone che ha messo insieme durante il percorso».





(Fonte immagine: Wikipedia)

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