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Yates ieri oggi e domani

Mattia Cianflone ci consegna la sua lettura dei nove racconti di Richard Yates contenuti in Proprietà privata.


Il volume di racconti Proprietà privata di Richard Yates compone la terza parte di quella raccolta comprendente i precedenti Undici solitudini (1962) e Bugiardi e innamorati (1981), pubblicato nel 2001 con il titolo The collected Stories of Richard Yates. 

In questi nove racconti troviamo tutti gli argomenti cardine degli scritti di Yates o propedeutici a quelli che saranno i suoi capolavori. Ancora una volta veniamo trascinati dallo stile unico dello scrittore americano, quell’amaro rovescio della medaglia di una società che cerca di nascondere il lato oscuro del trionfo, che viene a galla all’improvviso, colpendoci con la forza inaspettata di uno schiaffo mentre stiamo dormendo. Il rapporto con i personaggi di Yates è una questione privata, qualcosa che si intuisce da uno sguardo che non ha bisogno di parole e comprendiamo come per esperienza personale; ci muoviamo in silenzio tra le pagine scritte, macchine da presa  testimoni di queste identità in lotta tra la realtà e le proprie illusioni, le aspirazioni e la finzione di una vita che prende un corso differente da quello che avrebbero voluto.

Il primo dei racconti in questione è Il canale (The canal), unico pubblicato dal New Yorker per celebrare l’uscita delle Collected Stories. Qui troviamo due reduci durante una serata presumibilmente ambientata nei primi anni ‘50,  i quali scoprono di aver partecipato ad una stessa missione durante la guerra. I ricordi tra di loro sono contrastanti così come le emozioni che suscita in loro il raccontare di fronte alle proprie mogli l’episodio comune: da una parte Tom, fiero storyteller di una guerra vissuta in prima persona e di cui non lesina dettagli, aneddoti, particolari.  "...Non mi stanco mai dei racconti di guerra di Tom; mi fa vedere tutto in modo così vivido, non so come...qualche volta ho l’impressione di essere stata lì anche io" afferma la moglie Nancy di fronte ad un invidiosa Betty, moglie dell’altro reduce Lew, un uomo che vorrebbe dimenticare tutto e non parlarne mai. Yates ci racconta i postumi psicologici di un’America del dopoguerra bisognosa di autocelebrazione, in questo caso di fronte alle proprie mogli, le quali non avendo vissuto la guerra in prima persona, non possono che essere ansiose di sapere. Ma è anche il duro contrasto del ritorno dei veterani dal fronte verso un mondo differente, quello degli affari, della socializzazione, dell’industria della pubblicità.

Non è un caso se nel libro Kings of Madison Avenue: The Unofficial Guide to Mad Men, viene citato proprio Yates come precursore culturale della famosa serie televisiva. La voglia di silenzio di Lew e il suo voler interrompere quest’ansia della moglie ricordano le ambientazioni di Revolutionary Road e quel silenzio che nel capolavoro di Yates, Frank pretendeva in alcuni momenti da April pensando che "l’unica maniera di farla tacere e non vederla era baciarla sulla bocca."

Nel secondo racconto, Un idillio ospedaliero (A clinical romance) Yates ci porta nelle corsie di un ospedale, precisamente nel reparto dedicato ai malati di tubercolosi, (malattia che lo stesso scrittore contrasse in forma lieve al ritorno dal servizio militare che lo portò in Germania e Francia) così come nel racconto Abbasso il vecchio (Out with the Old) in Undici solitudini o in forma più lieve in Nessun dolore (No pain wathsoever), presente nello stesso volume. In Un idillio ospedaliero, un paziente si innamora di una giovane infermiera con la quale tesse una relazione che avrà dei risvolti finali molto amari. Su questa trama di fondo, a farla da padrone è la fitta dinamica che si svolge tra i pazienti: in Yates la narrazione è puro cinema. Nelle discussioni tra i pazienti (ex reduci di guerra) sugli amori, la vita e le bevute perse, si riconosce metà della filmografia statunitense del secolo scorso.

Il terzo racconto Campane al mattino (Bells in the morning) è una short story di due soldati che durante la guerra, avvertendo il suono delle campane in lontananza, ne ipotizzano la motivazione e si illuminano quando pensano che forse le campane hanno inziato a suonare perché sono cessate le ostilità. La guerra è finita, può essere. Il tema della speranza interrotta, dell’illusione della fine di una guerra sofferta, è un tema trattato da più autori, basti pensare a La morte nell’anima di Sartre. Yates sfrutta una soluzione del tutto immateriale, il suono delle campane, per meglio descrivere il senso di nostalgia e di mancanza che hanno i due soldati: in due momenti infatti il suono delle campane assume una tono fievole e femmineo fino a essere paragonato a cose che qualche volta si dimenticano, come le tazze di porcellana fragili o le mani delle donne.

Sera in costa azzurra
(Evening on the Cote d’Azur) è un racconto ambientato nel 1952 (nella sua prima stesura al titolo seguiva appunto l’anno in questione) e pubblicato nel 1976 da Ploughshares. Qui c’è lo Yates forse più conosciuto, quello che affronta le dinamiche di coppia, la famiglia e i tradimenti. Ambientato in Francia, ha come protagonista Betty, giovane moglie di un marinaio americano, che per tirarsi fuori dalla noia delle giornate passate in un paese a lei inospitale (confessando la sua amarezza dirà "se rimango un altro minuto in questo paese, divento pazza..." o pensando ai francesi che "potevano prendere il loro schifo di paese tutto intero e consegnarlo ai comunisti"), una sera esce con un’amica abbastanza frivola per andare in un locale dove conoscerà altri due marinai americani, appartenenti a un’altra squadra, per passare con loro la serata.

La frustrazione della protagonista verso una situazione obbligata (l’attesa del ritorno del marito) fa da pretesto a quella che è la base della storia, ovvero la grande ambivalenza tra realtà e fantasia, che si riassume nelle figure maschili del racconto. Da una parte il marito che ha seguito sperando di poterlo avere sempre vicino, per poi ritrovarsi alla finestra ad aspettare un suo ritorno, di fronte a un panorama "che tanto varrebbe che fosse una carta da parati".

A un tratto viene fuori esplicitamente, quando afferma "mio marito mi ha fatto una testa così su quanto sarebbe stato meraviglioso  qui [...] e da quella gran credulona che sono gli ho detto di sì. Adesso, se ci fosse una nave in partenza per l’America non me la lascerei sfuggire". Questo sentimento è causa della mancanza di senso di colpa che Betty prova per il secondo uomo presente nella trama, quel Tom incontrato per caso in un bar, di cui lei mitizza la figura non riuscendo a percepire la reale dimensione del loro rapporto. L’assenza del senso di colpa sembra essere il nocciolo nascosto all’interno di quella compostezza morale obbligatoria nel rapporto di coppia.

L’eccessivo odio verso la Francia ed i francesi è giustificato da un forte desiderio di libertà, di nostalgia per un tempo in cui ogni azione non era appesantita dalle conseguenze, dove il New Jersey rappresenta oltre che un ritorno a casa anche un ritorno al passato, alla propria giovinezza. Proprio per questo la protagonista Betty giunge ad una consapevolezza emotiva all’Hollywood Bar, prima di incontrare Tom, quando Yates scrive a proposito di lei: "si sentì afferrare da una bizzarra sensazione che le era stranamente familiare - una tensione al petto, un calore [...] Si sentiva esattamente così nell’emporio di Miller a Bayonne, anni prima, quando insieme alle sue amiche si fermava lì dopo la scuola per civettare con i ragazzi".

Ladri
(Thieves), pubblicato in Ploughshares nel 1977, ci riporta ancora una volta nelle corsie degli ospedali tra i malati di tubercolosi. L’intera trama è basata sui racconti del passato dei pazienti, in cui troneggia Robert Blaine, il miglior conversatore del padiglione. Le varie storie si susseguono regalandoci un fantastico contrasto tra l’uomo del passato, protagonista del ricordo, e l’uomo del presente, il narratore, che ridotto nel letto d’ospedale può solo ancorarsi a un sé stesso oramai perduto. "Era impossibile immaginarselo a passeggio per Madison Avenue mentre andava a trovare qualche bionda; impossibile che un cappotto potesse stargli stretto di spalle..."

Proprietà privata
(A private possession) narra la storia della piccola Eillen che, trovando una moneta da cinquanta centesimi nel cortile della sua scuola, riferisce l’accaduto al fratello Roger, pregandolo di non dirlo a sua Zia Billie. Una volta a casa, il fratello infrange il patto e sua zia crederà che la bambina abbia rubato i soldi dal grembiule di un suo compagno. Non è la prima volta che Yates nei suoi racconti affronta il tema dell’infanzia: lo fa in Il dottor Geco  (Doctor Jack’o Lantern) , Il regalo della maestra (Fun with a stranger) presenti in Undici Solitudini o, anche se in maniera diversa, in Partecipare alla corsa (Trying out fot the race), terzo racconto del volume Bugiardi e innamorati, dove però l’azione si volge prevalentemente tra le mura domestiche. In tutti questi racconti vengono narrati bambini infelici o che comunque vivono grandi delusioni o sogni motivati da una normale ingenuità, frutto di un’ovvia assenza di formazione. 

Ne Il revisore e la bufera (The comptroller and the wild wind) c’è il classico rapporto di coppia che troviamo in Yates: l’amore, la crisi, l’andare avanti a ogni costo, fino a quando la situazione non trova una automatica implosione. Nel riassunto di questa vicenda di coppia, più volte viene descritto il rapporto come un qualcosa su cui trovare gli elementi che motivano il perpetuarsi del rapporto stesso; una sorta di ostinazione condotta in primis dalla volontà di non ammettere il proprio fallimento. Poi, come spesso accade, un leggero colpo di vento interrompe la debole fiamma rimasta dalle infuocate premesse presenti all’inizio di ogni relazione. "...avrebbe detto che il loro era un matrimonio stabile , equilibrato, imperfetto come tutti i matrimoni , ma fondamentalmente solido. E di colpo era svanito tutto. " Lo sbandamento del protagonista di fronte alla consapevolezza della sua relazione finita fornisce gli elementi per l’individuazione di una cecità perpetuata nel tempo, la stessa moglie afferma infatti "Su George, mica sarai sconvolto." e questo piega il marito in una sofferenza anche fisica, tanto da lasciarlo appoggiato "ingobbito sullo schienale di una sedia in posa melodrammatica." 

A volte i personaggi maschili di Yates affrontano la consapevolezza interiore di un dramma reagendo in maniera simile, e lo scrittore americano sfrutta spesso questa congettura formale per descrivere l’andamento del loro stato emotivo. Ad esempio nel racconto Una gran voglia di punizione (A glutton for punishment) il personaggio principale: "sbuffando si abbandonò all’indietro sulla poltrona, un piede steso sul tappeto e l’altro curvato sotto di sé." o lo stesso Frank di Revolutionary Road  parlando con la moglie April: "sfilandosi la giacca, si accostò all’ombra che era il letto e si sedette ingobbito sull’orlo, nella classica posa della contrizione."

Alla fine del proprio rapporto matrimoniale George è dominato da una sensazione allarmante di solitudine, "di essere stato derubato di ogni sicurezza" tanto da cercare in maniera del tutto infantile rifugio nella figura di una giovane cameriera. Particolare è l’inserimento di una poesia di James Joyce (Osservando i canottieri a San Sabba) all’interno del racconto, che George ricorda essergli stata letta dalla moglie, ma che a lui viene in mente guardando la ragazza. Il ricordo della poesia e l’analogia con la giovane donna è simbolo del suo stato d’animo, oltre a farne scaturire una descrizione più poetica dei versi stessi: "C’era una poesia che parlava del non tornare più. Come diceva? Qualcosa sul guardare le barche che passano."

Un’ultima scappata, per dire (A last fling, like) è un monologo incessante di una giovane donna che in un bar di New York cerca di fare alla sua amica Grace un veloce resoconto del suo viaggio pre matrimoniale in Europa. Il racconto si svolge in maniera molto serrata, quasi logorroica. Tutto il racconto, dal viaggio in nave, ai soggiorni a Parigi, Cannes, Venezia e Roma, ha come elemento di congiunzione gli uomini di cui parla la protagonista, con i quali però non arriverà mai ad un approccio amoroso. Solo nella parte finale si scopre che la giovane è fidanzata, prossima al matrimonio, e che il viaggio era "un’ultima scappata prima di sposarsi", cosa che ribadirà anche al suo fidanzato una volta tornata per rispondere ad alcune sue domande indagatorie: a quella riguardante la curiosità del compagno sul fatto se lei si fosse messa o no l’anello di fidanzamento durante il viaggio, lei risponderà seccamente "Per fare cosa, per rovinarmi tutto il viaggio? Per togliermi la possibilità di divertirmi?". Il racconto è una sorta di b-side di Tutto il bene possibile (The best of everything) apparso in Undici solitudini e che aveva anch’esso una futura sposa come protagonista.

In Un’ultima scappata, per dire abbiamo però una giovane che, conscia del suo futuro stato matrimoniale, si da allo svago accettando l’idea di doversi poi sposare con la consapevolezza presumibile di dover cambiare la sua condotta. In Tutto il bene possibile la protagonista vive l’idea del matrimonio nel dubbio, nei pensieri, addossando al matrimonio significati ulteriori e pieni di pesantezza (come ad esempio non concedersi al futuro marito fino alla prima notte di nozze). Nonostante i due diversi approcci abbiamo comunque due realtà contaminate, due modi diversi di non vivere a pieno e in maniera univoca quello che è un evento socialmente definito come felice.

Yates, anche in questi racconti risulta essere un autore magistrale e in alcuni momenti unico, per il modo di riflettere e mostrare  la fragilità umana a cominciare da particolari che scardinano l’immaginario collettivo, come se riuscisse a parlare personalmente con il lettore, facendo forza su di un ipotetico rapporto lungo una vita. In Yates un gesto, il modo in cui si spegne una sigaretta, un sorriso stentato, un labbro tirato, un nodo di una cravatta allentato è specchio immediato della condizione del personaggio, mettendolo immediatamente a nudo ed elevando la sua figura a rappresentare la società stessa, passando dall’uno al molteplice con grande semplicità. Per questo motivo, ribadisco,  Yates è cinema, pellicola in parola, guida il lettore verso una comprensione emozionale narrando la macchina da presa, scrivendo l’inquadratura, mettendo nero su bianco l’immagine perfetta.

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