Casa d'altri – Librai e scrittori raccontano un libro

Ragazze elettriche di Naomi Alderman – Valentina Beronio di Book Morining

Casa d'altri è la rubrica in cui librai e scrittori raccontano un libro.
Prende il nome da una straordinaria raccolta di racconti di Silvio D'Arzo, e ci sembrava il più adatto visto che ci piace parlare di libri, non solo dei nostri.

Valentina Beronio della libreria Book Morning ci parla di Ragazze Elettriche di Naomi Alderman.


Un lettore che entra in libreria e sceglie tra gli scaffali un libro è alla ricerca di uno strumento che coniughi da un lato l'intrattenimento, dall'altro un significato. Questi due aspetti infatti, quando si intrecciano alla perfezione nelle pagine di un romanzo, danno vita a un oggetto potente che è in grado di astrarci dalla realtà che ci circonda, intrattenendoci appunto, e di pungolare continuamente la nostra mente, stimolando la memoria personale, l'immaginazione, il nostro modo di decodificare il mondo e le sovrastrutture del nostro pensiero.

Ci sono libri che meglio di altri sembrano assolvere a questo duplice compito perché con la forza delle parole riescono a intessere una trama travolgente, sempre spinta in avanti, che non lascia un attimo il lettore senza la smania di voler rincorrere la sviluppo della storia e che, al tempo stesso, sono motori di riflessioni tanto legate alla nostra morale quanto al mondo in cui viviamo. Tra questi libri c'è Ragazze elettriche  di Naomi Alderman, edito da nottetempo, che le è valso nel 2017 il Baileys Women’s Prize.

Alderman immagina un futuro distopico per nulla distante da noi: quello che accade infatti potrebbe avvenire oggi stesso, domani mattina, tra qualche giorno. E questo è un primo elemento di fascinazione, l'innescarsi del prezioso meccanismo dell'immedesimazione. In questo orizzonte, che sa essere prossimo e remoto allo stesso tempo, le ragazze sviluppano un nuovo organo, una matassa, che permette loro di inviare scariche elettriche attraverso le mani. La mutazione fisica apre un meraviglioso e spaventoso scenario: le donne, per la prima volta, diventano fisicamente più forti degli uomini.
L'assunto di partenza dell'autrice è infatti semplice e, in un qualche modo, inconfutabile: se in una stanza ci sono un uomo e una donna, l'uomo ha il potere di sopraffarla fisicamente e ucciderla. Cosa accadrebbe se questo rapporto di forza si ribaltasse? Il risultato non può che essere la crisi e, forse, la fine del patriarcato.

Il romanzo dunque ha il suo cuore nel concetto di potere (il titolo originario del libro è infatti The power), in come esso nasca e in come venga maneggiato. Perché la seconda domanda che subito ci troviamo di fronte è: come amministrerebbero questo potere le donne? Il potere comporta infatti sempre la responsabilità del suo utilizzo e il crinale del replicare l'abuso precendemente subito è davvero scivoloso.
Le risposte a questi quesiti vengono rincorse nel libro attraverso le vicende di quattro protagonisti, tre donne e un uomo, grazie ai quali indaghiamo diversi aspetti di questa rivoluzione dei rapporti di genere: la politica, la religione, il crimine organizzato, il giornalismo. Il romanzo si apre a una narrazione di grande respiro, dove l'esplorazione vaga di società in società, di costume in costume, per regalarci un affresco potentissimo e travolgente. Così, mentre viaggiamo tra le rivoluzioni dall'Arabia Saudita all'India, dalla Moldavia agli Stati Uniti, Alderman ci mostra come ogni cosa sia messa in discussione: dagli elementi squisitamente personali – la libertà, la paura, la vergogna, la violenza, il sesso – agli aspetti sociali e comunicativi.

E poi ci sono gli uomini: privati del loro ruolo sociale, con una coscienza di sé da dover ricostruire, si ritrovano a muoversi in uno spazio fatto di minacce, paura, costrizioni. Nulla che non stia accadendo alle donne quotidianamente nella nostra realtà. Alderman ci spinge dunque a fare i conti con le brutture e le storture del nostro mondo da una nuova prospettiva, ribaltandole: lì, nero su bianco, ci sono le stesse spaventose ingiustizie sociali, economiche, fisiche, morali che ritroviamo ogni giorno attorno a noi. E allora, il romanzo diventa una lente d'ingrandimento, che mette a fuoco nella struttura fantastica della narrativa ciò che siamo.

Su Ragazze elettriche vale la pena fare ancora un paio di osservazioni. Intanto, sull'ossatura del testo: le prime pagine del romanzo svelano una storia in cornice, costituita da uno scambio epistolare, avvenuto circa cinquemila anni dopo la “Catastrofe”, tra l’autore del vero e proprio romanzo il cui nome (Neil Adam Armon) è l’anagramma di Naomi Alderman, e un'altra scrittrice del futuro il cui nome – guarda caso – è proprio Naomi. Viene subito alla mente Frankenstein, antesignano della narrativa di fantascienza, in cui la storia della mostruosa Creatura è contenuta in una lettera spedita dal Capitano Walton alla sorella, Margaret Walton Saville, le cui iniziali sono le stesse di Mary Wollstonecraft Shelley.

Ma viene anche alla mente Il racconto dell’Ancella che, frequentemente avvicinato al romanzo di Alderman, si presenta come la trascrizione di un testo (circa 30 cassette audio registrate proprio dall’ancella protagonista delle vicende) della cui autenticità discettano i partecipanti ad un Simposio storico che si terrà nell’anno 2195, in una lunga appendice intitolata ironicamente “Note storiche”.
Il rapporto con Margaret Awood è, effettivamente, centrale per Naomi Alderman. Nel 2013 infatti, nell’ambito del progetto Rolex Mentor and Protégé Arts Initiative, Atwood è stata il suo mentore. L'incontro tra le due scrittrici poi si è trasformato in collaborazione sia in ambito letterario (insieme hanno scritto il racconto The Happy Zombie Family Sunrise per la comunità on line Wattpad), sia in un campo che Alderman conosce molto bene: la sceneggiatura di videogiochi.

Infine, non posso non soffermarmi sulla lingua. La scrittura di Alderman a detta di alcuni critici pecca di essere troppo poco letteraria ed eccessivamente ammiccante a un certo modo di narrare vicino al linguaggio televisivo o cinematografico. E forse, chi ha visto questa tendenza, non ha tutti i torti. Eppure, non ne sono convinta a pieno. Da un lato infatti, una scrittura quasi trasparente e messa a servizio di una trama così potente, non credo si possa etichettare come fragile. Dall'altro, nel libro saltano all'occhio alcuni elementi che non possono che dirci che Alderman sa lavorare magistralmente con le parole: si pensi alla Bessapara, una regione della Moldavia in cui parte del romanzo è ambientato. Il nuovo nome della zona geografica è inventato, ma ha radici solide: anticamente infatti era chiamata Bessarabia (dal turco basar, regno, e aba, padre). Quando nel romanzo il ribaltamento dei rapporti di genere si sta compiendo, la regione cambia nome in un'ottica di superamento del patriarcato (al suffisso basar, regno, viene aggiunto para, dal latino parere, partorire).

Valentina Beronio
Book Morning (Genova)


 


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